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Correlazioni in Medicina



Terapia inibitoria del checkpoint immunitario nel tumore del polmone non-a-piccole cellule: reazioni avverse immuno-correlate


Negli ultimi anni sono state introdotte in oncologia terapie con inibitori del checkpoint immunitario ( ICI ), come le terapie anti-CTLA-4 e le terapie anti-PD-1 e anti-PD-L1, con l'obiettivo di migliorare i tassi di sopravvivenza tra i pazienti con carcinoma polmonare non-a-piccole cellule ( NSCLC ) avanzato, rispetto ai regimi di chemioterapia di combinazione precedentemente utilizzati in molti di questi casi.
Tuttavia, gli inibitori del checkpoint immunitario sono anche associati a eventi avversi immuno-correlati ( irAE ), che interessano vari organi, tra cui i polmoni.

Gli inibitori del checkpoint immunitario sfruttano la risposta immunitaria intrinseca contro gli antigeni tumorali rimuovendo il freno all'attivazione delle cellule T da parte delle cellule presentanti l'antigene.
Tuttavia, con lo stesso pathway, questi agenti possono anche promuovere l'attacco delle cellule T agli autoantigeni, che si manifestano clinicamente come eventi avversi immuno-mediati.

Una percentuale stimata del 3-5% dei pazienti che ricevono inibitori del checkpoint immunitari sviluppa una polmonite da inibitori del checkpoint ( CIP ), sebbene la condizione possa essere sottostimata e quindi probabilmente più diffusa.
Sebbene la maggior parte degli eventi avversi immuno-correlati sia stata più strettamente associata al trattamento con gli anti-CTLA-4 rispetto al trattamento con anti-PD-1/PD-L1, gli studi stanno ad indicare che la polmonite è più comune con le terapie anti-PD-1/PD-L1. Mentre la monoterapia con questi agenti è stata collegata a una incidenza relativamente bassa di eventi avversi immuno-correlati ( inferiori al 5% ) negli studi clinici, l'incidenza può essere maggiore con gli inibitori del checkpoint immunitari di combinazione nei pazienti con determinati tipi di tumore e in contesti al di fuori degli studi clinici.

Uno studio pubblicato nel 2017 ha riferito che il tempo mediano all'insorgenza dei sintomi dopo l'inizio del trattamento con inibitori del checkpoint immunitario era di 2.8 mesi, sebbene sia stata segnalata una sostanziale variabilità in questo lasso di tempo.
La presentazione di polmonite immuno-correlata è aspecifica e caratterizzata da dispnea, tosse, febbre, dolore toracico e progressiva riduzione della tolleranza all'esercizio fisico.

Pertanto, è necessaria una grande attenzione ai sintomi respiratori per la diagnosi precoce della polmonite immuno-mediata, per la quale la diagnosi è in definitiva una questione di esclusione.
Ad esempio, altre possibili diagnosi includono la polmonite da pneumocisti nei pazienti che assumono alte dosi di steroidi per condizioni di comorbidità e polmonite da radiazioni nei pazienti che ricevono radiazioni toraciche.

La tomografia computerizzata del torace è raccomandata per tutti i pazienti che presentano nuovi sintomi respiratori durante il trattamento con inibitori del checkpoint immunitario.
Sono stati osservati risultati radiografici altamente variabili nella polmonite correlata agli inibitori del checkpoint immunitario.

I risultati più frequentemente riportati sono quelli della polmonite organizzata criptogenetica ( COP ), con opacità a vetro smerigliato o opacità consolidativa nella distribuzione periferica o peribronchiale, seguita da polmonite interstiziale non-specifica ( NSIP ), con opacità a vetro smerigliato e opacità reticolare principalmente nei polmoni con interessamento della porzione periferica e inferiore.

La polmonite interstiziale acuta, la sindrome da distress respiratorio acuto e la polmonite da ipersensibilità sono state anche osservate in questi pazienti, così come i cambiamenti polmonari simili a sarcoidi, come le opacità micronodulari subpleuriche.

I corticosteroidi rappresentano il pilastro del trattamento per la polmonite immuno-mediata, con una dose da 1 a 4 mg per kg, a seconda del grado della condizione.
Circa il 70-80% dei pazienti risponde a questo regime.
I pazienti che non dimostrano un miglioramento clinico entro 48-72 ore dopo l'inizio dei corticosteroidi sono considerati refrattari al trattamento e possono beneficiare di un immunosoppressore di seconda linea, come Infliximab, Immunoglobulina endovenosa o Tocilizumab; queste terapie sono state utilizzate con risultati diversi. ( Xagena2018 )

Fonte: Chest, 2018

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